Da un po’ di tempo va di moda definirsi geek, alcuni solo per saper accendere il computer si autodefiniscono così 🙂
Oggi voglio parlarvi, invece, di ragazzini che sono una speranza per il futuro, ragazzini che non passano le ore a guardare il grande Fratello ma cercano in vari modi di cambiare il mondo.
A Pittsburgh, Pennsylvania il 14 maggio è iniziata la fase finale  dell’ISEF  – International Science and Engineering Fair 2012 indetto da Intel.
I finalisti del concorso sono stati 1500 ragazzi dai 14 ai 20 anni provenienti da tutto il mondo che hanno presentato brevetti in grado di risolvere problemi.
Pensano di poterlo fare perché sono oggettivamente i più bravi. In che cosa? In tutto quello che fanno, dipende. Sono i curiosi, gli entusiasti di ogni novità , soprattutto tecnologica.
In un certo senso ci sono sempre stati: per esempio “Gutenberg era un geek” secondo il guru della rete Jeff Jarvis che ha appena dedicato un libretto all’inventore della stampa a caratteri mobili mettendolo in copertina ma ritoccato con uno dei simboli di questa cultura: gli occhialoni da vista con la montatura nera quadrata. Sì, quelli dei secchioni.
Ecco in un certo senso una volta i geek erano solo i secchioni brillanti che impazzivano per i film di fantascienza.
Oggi quel concetto è molto più largo, e riguarda tutti coloro che hanno una passione al limite della ossessione, e che applicano un metodo scientifico o matematico per fare le cose meglio. Perfezionisti come metodo, ottimisti per la fiducia illimitata nella tecnologia, e scettici per natura nel senso che diffidano di tutti quelli che fanno le cose male.
A proposito dello scetticismo, uno dei miti viventi dei geek è Ben Goldacre, autore di una rubrica sul Guardian di notevole successo che si chiama Bad Science: in pratica mette alla berlina tutti coloro che sparano panzane pseudo-scientifiche.
“Ma ormai non ci sono più solo i computer, i geek sono ovunque” spiega Chris Anderson, direttore di Wired, il magazine di San Francisco che in vent’anni ha contribuito a far uscire questa cultura dalla nicchia un po’ sfigata dove era confinata all’inizio.
Ormai, secondo Anderson, ci sono i cuochi geek, ovvero quelli che cercano un metodo scientifico per cucinare meglio come lo scienziato Nathan Myrvold che dopo essersi occupato della malaria e aver diretto lo sviluppo tecnologico di Microsoft ha scritto un libro per spiegare “la formula della patatina fritta perfetta”; oppure ci sono i giardinieri geek, che analizzano ogni zolla della terra del proprio balcone e individuano i nuovi strumenti per far crescere meglio le piante; e ancora gli sportivi geek, come si vede nel film Moneyball dove il protagonista, effettivamente un po’ sfigato, applica una serie di algoritmi misteriosi per aiutare Brad Pitt a trasformare una squadretta di baseball in un’armata quasi imbattibile.
Ma i geek per antonomasia sono gli inventori. Come i millecinquecento ragazzini che la settimana scorsa stavano a Pittsburgh. Erano lì per la Intel International Science and Engineering Fair, ovvero la più importante competizione fra gli studenti di scienze e matematica. Qui non si trattava però di fare a gara per risolvere delle equazioni: qui si trattava di inventare e far funzionare qualcosa che migliori il mondo.
Come fece Ben Gulak, tre volte finalista di Isef, tornato quest’anno come star dell’evento: la prova vivente di cosa può diventare un bravo geek. Lui a 17 anni ha inventato Uno, il primo veicolo “transformer”, che a bassa velocità si piega in due e viaggia su una ruota sola (ed è elettrico).
Adesso che ne ha 22 ha messo sul mercato The Shredder, una specie di skateboard cingolato come un carrarmato, e motorizzato, che può scalare e scendere da qualunque terreno. Piace molto all’industria bellica, pare.
Ma quest’anno l’ISEF lo ha vinto un ragazzo di 15 anni con un’invenzione da premio Nobel:Â
Jack Andraka di Crownsville nel Maryland ha inventato uno sticker in grado di determinare subito, con sangue o urina, se una persona ha il cancro al pancreas. Secondo i 1300 giudici della gara, lo sticker di Jack “ha una accuratezza del 90 per cento ed è 28 volte più veloce, 28 volte meno costoso e 100 volte più sensibile degli attuali test in commercio.
Ma come è venuto in mente a Jack di applicarsi per ottenere questo risultato? ” Mio zio è morto di cancro al pancreas e mi sono messo a studiare come avrei potuto salvarlo”.
Una diagnosi precoce, soprattutto per questo tipo di tumore, fa la differenza.
Jack può aver fatto la differenza!
[Via:la Repubblica]